giovedì 22 dicembre 2011

Per questo post non ho un titolo

Le cose più belle le scrivo la notte.
Non su carta, e neanche sul pc.
Ma nella mente in dormiveglia, sulle mie labbra stanche.
Cose che nessuno leggerà mai.

Al mattino sono diversa, molto più banale e molto meno simpatica.
La notte invece mi piaccio.
Mi appartengo.
Mi ricongiungo con la parte profonda di me.
Quella che nessuno conoscerà e che anche io, a volte, stento a riconoscere.

domenica 27 novembre 2011

Condona e dimentica

Quelli che hanno il cuore stretto e che riescono a voler bene ad una persona per volta li ho sempre odiati.
Hanno bisogno di eliminarne una per farne entrare un'altra.

Suggerirei loro di abbattere il monolocale cardiaco, buttare giù tutte le loro mura, anche se portanti.
Ampliare lo spazio per amare.
Creare superficie, estendere la metratura.
Costruire verande sui balconi.
Mettere archi dove ora ci sono porte blindate.
Soppalcare il soppalcabile.

Per una causa giusta come questa sarei disposta ad ammettere il condono.
Anzi, lo concederei con gioia.

sabato 26 novembre 2011

Una schiusa banale

Sono fatta di sentimenti virtuali.
Vivono in me solo in potenza.
Una potenza devastante, a volte.

Non riesco a confessarli con facilità.
Aspetto che siano gli altri a manifestare i loro.
Mi riservo un secondo posto con molto fair play.

Un rapporto con il sentimento totalmente aleatorio.

Covo ciò che provo come una chioccia paziente.
Nell'attesa del coraggio altrui.

Davanti all'attesa, e del tutto eventuale, dichiarazione di sentimento, mi schiudo.
Come le uova che ho deposto.
Do ossigeno a ciò che mi muove dentro.

E travolgo.
Rompo gli argini dietro cui mi ero nascosta.
Dietro ai quali ero al sicuro.

Mi ritrovo dinanzi ad una realtà diversa da come l'avevo pensata.
Sento la nostalgia della virtualità, la stessa che mi permette di controllare la mia fantasia.
Di cancellarla e modificarla, più volte, finché non mi aggrada.

Mi sento in balia di quello che provo.
Di quello che gli altri provano per me.
Fa paura lasciare le cose al caso.


Ma è questa potenza che ora voglio.

giovedì 24 novembre 2011

Trasloco

Splinder mi (ci) ha sfrattato.
Mi sono trasferita qui.

In ogni trasloco si perde qualcosa.
Io stavolta ho perso qualche post e qualche commento.
I primi recuperabili, i secondi no.

Spero di non perdere la costanza nel raccontare momenti, giorni, o anche solo sensazioni.
Spero di non incontrare di nuovo amanti del sesso virtuale.
Quello lo continuo a preferire quando è reale.

venerdì 21 ottobre 2011

Scusate il ritardo!

Sono stata a Milano la scorsa settimana.
L'ansia a tratti raggiungeva picchi altissimi.
Do il peggio di me lì.
Non è colpa del luogo.
E' a causa del fatto che ho trascorso lì alcuni dei miei anni più brutti.
Per ora.
- l'ottimismo è il profumo della vita-.

Non è uno di quei posti in cui non vivrei mai.
Ad esempio sotto xanax ci vivrei, quindi non è da escludere.

Sono andata a prendere tutte le mie cose nella casa vecchia.
Con un ritardo di 2 anni.
Ognuno ha i suoi tempi.
I miei, a volte, sono morti.
Altre sono frenetici.
E' l'equilibrio che mi manca.
Perciò sono simpatica.

Sono andata nella casa in cui vivevo con il mio ecs.
Ho iniziato la convivenza con lui dopo esserci lasciati.
E' stata una scelta veramente intelligente ed utilissima, ad esempio prima non sapevo cosa fosse la colite.
Bugia!
Lo sapevo anche prima, ma non immaginavo potesse avere effetti così devastanti.
Ne approfitto per mandare un saluto al mio intestino e a tutti quelli che mi conoscono.

Lui ora in quella casa ci vive con la sua nuova fidanzata.
Casa vecchia, fidanzata nuova.
Lei è stata per tutto il tempo fredda, silenziosa e distante.
L'unico contatto tra noi avveniva nel momento in cui mi rivolgeva occhiate truci.

Onestamente non ne capisco il motivo visto che sono 2 anni che non mi inculo il suo attuale ragazzo, mio ecs, e di conseguenza non mi inculo lei.
Niente di niente. Nemmeno un sms per Natale o per il compleanno.
Un compleanno può sfuggire ma cazzo che è Natale te ne accorgi!
Se non bussa alla tua porta il tuo senso cristiano/cattolico quanto meno citofona quello del consumismo!

Tutti però mi hanno detto che è normale che mi trattasse così e quindi, ora, lo penso anche io.
Non perché mi faccia influenzare ma perché mi sento rassicurata da questo pensiero condiviso.
E quando dico 'tutti' non intendo riferirmi ai risultati di un sondaggio istat ma alle 7 persone a cui l'ho detto.
8 vah, esageriamo!

Il mio ecs aveva impacchettato tutta la mia roba in 7 scatoloni ed un borsone.
E li aveva messi tutti giù alle scale dello stabile, come a voler dire '' caricateli in macchina e levati dai coglioni''.
Allora io, che amo il linguaggio non verbale e leggere tra le righe, ho detto a chi era in auto con me :
'' Oi carichiamoceli in macchina e leviamoci dai coglioni''.
L'altra persona, evidentemente perspicace almeno quanto me, era stata d'accordo.

E così li infiliamo in macchina con un tetris da 10000 punti e stiamo per andare via quando...
Il mio ecs preso da una necessità immotivata di falsa cortesia propone un caffè in casa.
La persona che era con me accetta volentieri.
E io dico '' ah prendiamo un caffè?!'' come a dire '' Allora che cazzo ci siamo messi d'accordo a fare prima?!''

Entriamo in casa, avevo per le scale una tachicardia da record che sicuramente non era dovuta soltanto alla mia emoglobina bassa.
Varco l'uscio e la casa era lì, sempre lei, sempre bella ma arredata diversamente.
Arredata con un gusto a metà strada tra una vecchia novantenne e China Town.
Tutto faceva cacare, anche quello che prima era bello perché ora cozzava con tutto quel made in China.

C'era una tovaglia plastificata con disegni osceni, girasoli e insetti vari, sul bellissimo tavolo in vetro come a dire: '' Cazzo questo è un bel tavolo, compriamolo altrimenti facciamo bella figura!''.
Alla parete c'era un orologio che riproduceva le entrate di un saloon.
Sul divano bianco c'era una specie di grand foulard con i colori sporchi, sembrava la coperta del cane.
Al muro un quadro che voleva ricordare Klimt.
Anzi no.
Era la riproduzione della diarrea di Klimt dopo aver mangiato messicano a pranzo e minestrone a cena.
Ne sono sicura.

Ci offre il caffè e mi porge la zuccheriera.
Stavo per morire.
Era un'enorme mela, rossa, lucida, smaltata, kitschissima per farle un complimento.
Il picciolo era il manico del coperchio che una volta sollevato ti permetteva di vedere il cucchiaino.
Già, il cucchiaino.
Era un verme, il verme della mela.
Tutto ondulato e con la testa ampia per permettere ai granelli di starci dentro.

Veniva fuori da un buchino dal quale avrei preferito non uscisse mai.
Il verme aveva una faccia ebete, ma di sicuro un quoziente intellettivo maggiore di chi aveva compiuto l'acquisto.

Il caffè comunque era buono.
Mi viene da fare pipì.
Strano che attorniata da tanta bellezza non abbia avuto altri stimoli!
Comunico la mia necessità e la fidanzata, con i modi tipici di chi fa di tutto per non farti sentire a tuo agio, mi indica dov'è il bagno.
Avrei potuto rispondere che avevo utilizzato quel bagno per 4 anni e non solo da due mesi come lei.
Avrei potuto dimostrare la mia territorialità in maniera più evidente ma mi è bastata una pisciatina.
Buttata lì.
Anche con disprezzo.

Siamo andati via.
E io ho pianto.
Di gioia e di tristezza insieme.
Di rabbia forse, per il vermetto della mela, per le tende con le farfalle attaccate su che avevano spodestato quelle scelte da me.
Ho pianto anche per la coperta di pizzo color salmone che campeggiava sul loro letto matrimoniale che ha preso il posto del mio singolo.

Ho pianto perché era tutto così ridicolo.
E dopo infatti ho riso.

Ho tirato un sospiro di sollievo, e mi sono sentita leggera e ricompattata.
Avevo tutte le mie cose di nuovo con me.
Arrivata a casa, ho aperto gli scatoloni e buttato, o regalato, quasi tutto.
Non mi interessa tenerle quelle cose, ora non mi appartengono più.
Volevo solo ridisporne per potermene liberare.
Volevo solo riaverle per decidere di non usarle più.
Volevo sentirle mie.

Sono stata sorpresa quando all'interno dei pacchi ho trovato tutto tranne: 3 piumoni, migliaia di asciugamani, i miei accappatoi, foto importantissime per me, e la mia Emma Bunton.

Emma è, o forse era, la mia coperta di Linus.
Una coperta di peluche rosa shocking con un meraviglioso albero disegnato su.
Era una coperta non apprezzabile da tutti forse ma con un significato profondo per me.

Avevamo visto mille film insieme, letto duecento libri, chiacchierato al telefono, inveito contro la tv, sorseggiato tisane bollenti avvolte l'una nel calore dell'altra.
E ora?
Non so dove sia, telefono al mio ecs e lui non mi risponde.
Gli invio sms e lui ugualmente non risponde.

Perché non mi dice che ha buttato via la mia coperta del cuore?
Voglio sapere la verità.
Anche se amara, anche se significa sapere che ora scalda un senzatetto alla stazione centrale.
Ho fatto l'unico errore di non metterla in valigia due anni fa e ora ne pago le conseguenze.

Anche quella di capire che forse voglio solo quello che non ho.

venerdì 7 ottobre 2011

Il lato tragico

In sala d'attesa leggevo un articolo che parlava dei giovani italiani che non fanno più figli e come tutto ciò dipenda dalla crisi economica.
Tutto noto, tutto molto triste.
Un tessuto che invecchia senza rigenerarsi.
Cellule nuove che mancano perché chi dovrebbe riprodursi ha paura, è spaesato, non ha certezza per il proprio futuro figuriamoci per quello di un suo successore.

Io di figli ne ho due.
La femmina è la più grande, ha 56 anni ma va ancora alla scuola materna. Anno dopo anno si impegna eppure è ancora lì, prima con quelli di tre anni, poi con quelli di quattro e infine con quelli di cinque. Finito il ciclo si ricomincia. Non piange ogni mattina quando deve andare a scuola, ma in fondo vorrebbe e se lo facesse non mi meraviglierei.

Io ho pianto sempre, per anni, con constanza.

Il maschio invece ne ha 54 di anni, ed è più precoce di sua sorella, è infatti già in pensione. Cerca sempre di tenersi occupato con mille attività che mutano spesso, nel tempo e nello spazio, e che solo al termine delle stesse, solitamente termine anticipato autonomamente perché si scoraggia facilmente, ci permettono di comprendere quanti danni hanno prodotto.

E' un mestiere difficile quello del genitore.
La mia poi di genitorialità è quasi tragica.

Una tragedia con mille facce, perché quest'ultima di facce non ne ha solo due, come la medaglia, ma molte, molte di più.
Da qualsiasi lato si guardi la faccenda la sua natura non muta, si colgono solo nuovi lati.
Diversamente ma ugualmente tragici, a voler essere pleonastici.

giovedì 6 ottobre 2011

Caccole e Cereali

Esse, 9 anni.

'' Ho un po' fame, cosa hai per fare merenda? hai una merendina, un gelato, la nutella? ''.

Io: '' sì, la nutella ce l'ho ''.

Esse '' allora mi fai un tramezzino con la nutella, senza la scorza e a forma di triangolo?!''

Io '' mmm, va bene!''

Vado, prendo il pane ai 5 cereali, lo spalmo di nutella, lo richiudo con l'altra fetta, elimino i bordi più scuri che mangio e lo taglio in triangolini precisi con estrema cura.

Ritorno.

Esse '' Oh grazie! ma... ma questo pane è pieno di semini, me li togli tutti? ''

Io '' No esse, non posso togliere tutti i semini! Sono dei cereali ed è un pane ai cereali! Li deve avere! ''.

Esse: '' Ma dai che ti costa?! ''

Io '' Ma no, perderei mezza giornata, perderei la vista e non è igienico! Facciamo così: assaggia e se non ti piace proprio non lo mangi! ''

Esse assaggia ed esclama '' Madonna è buonissimo, è squisito! sa di caccole e cereali! ''

Lo ha divorato.

lunedì 19 settembre 2011

Favorisca i documenti.

Non so esattamente per quale motivo ciò accada ma so sicuramente che se un uomo è in macchina con una donna non verrà fermato ad un eventuale posto di blocco o se fermato verrà trattato con clemenza.
So anche che se un carabiniere o un poliziotto ferma una macchina con 4 ragazze, spesso ubriache, il contollo durerà abbastanza da fare il piacione e farle ridere come papere felici della loro fortuna stretta tra le gambe.
E' un momento bellissimo quello. Puoi prenderli per il culo in maniera spudorata e non se la prenderanno, basta nascondere tutto dietro un sorrisone accattivante.
So esattamente che se organizzi una festa in una campagna isolata non dovresti avere problemi a meno che Augusto, il gay più rumoroso che tu conosca, non rimanga in mutande e berretto da marinaio e salga a cantare su un trattore.
In quel caso può succedere che qualcuno, spuntato dietro una foglia di fico suppongo, chiami i carabinieri.
E così mentre balli, urli, sudi, bevi, canti, e fumi sostanze lecite e non, i tuoi occhi si colorano dell' insipido blu polizia, direbbero i Subsonica, anche se questi erano carabinieri.
Allora ti ricomponi dietro la tua faccetta simpatica e rassicurante e inizi ad andare verso di loro.
Meglio attaccare, meglio non aspettare.
Ma Augusto con il passo tipico della gazzella in calore ti supera e si avvicina alla volante pronunciando la tipica frase da film, che aspettava di dire forse da 15 anni '' C'è qualche problema, agente?!''.
Con la g più frocia che tu abbia mai sentito.
Non sai se trattenere una bestemmia o una risata e nel dubbio le trattieni entrambe.
Ti fai seria nonostante tu abbia di fianco Braccio di Ferro smagrito e ricchione che pronuncia frasi come ' Venite a ballare con noi' e inizi a scusarti per il disagio procurato ( sì ma a chi? ai grilli? alle cicale? ai topi? ai serpenti? ai germogli, che ora infastiditi non germoglieranno più? a chi ? a chi cazzo? siamo in campagna!).
Ti assumi la responsabilità di far cessare il baccano davanti ad un appuntato barese che dice '' meh wuagliò allò? ce facit? andate a casa pe ppiacer! andate a studiare, andate a lavorare meh! nun rumpit le cugghiun a quest' òr!''
Riesci a tranquillizzarli, vanno via e appena ripartiti il casino riprende come prima.
No, peggio molto peggio.
Ma c'è una cosa che ancora non so.
Come mai mentre sei in macchina con un'amica su un lungomare soleggiato e deserto e andate piano perché state chiacchierando del più e del meno, state riflettendo un po' ad alta voce, vieni fermata da un carabiniere che incazzatissimo vi insulta perché andate troppo piano e chiede i documenti ad entrambe ed inizia ad avanzare pretesti per farvi un verbale e se potesse scriverebbe che vi multa perchè ''oggi ho i coglioni girati e mi deve pur sfogare!''

No, questo non lo so.

sabato 17 settembre 2011

Autopromozione




Il Consigliere Regionale della Lombardia,
con il curriculum ben in vista,
si aggira per Milano, Via Montenapoleone, facendo shopping.

Alcuni sostengono che proprio nel quadrilatero della moda il Consigliere stia cercando la sua nuova casa.
Immagino non sarà facile.
In alcuni quartieri, quelle come lei, non le vogliono.
Dicono 'che deturpano', 'che ci sono i bambini', 'che attirano brutta gente'.
I soliti perbenisti insomma.

Sono un po' in pensiero, ce la farà?

lunedì 12 settembre 2011

Bacchettona senza bacchetta né frustino

Una ragazza è morta.
La sua amica è in ospedale in gravi condizioni.
Il terzo è in carcere, si difende e si dice disperato.
Tutto questo per un gioco erotico ' finito male' dicono.

Forse ad essere sbagliata non è la fine ma l'inizio stesso.

Molti sono gli uomini morti delle proprie depravazioni.
Molti ne moriranno ancora.
Morire schiavi dei vizi.
Morire per gioco.
Morire nel gioco.

Tristezza.
Ha un sapore di disperazione per me.
Li vedo così.
Dei disperati.

martedì 6 settembre 2011

Autocitazioni

Il vero capodanno è a settembre.
Il reale giro di boa.
A gennaio si stappa lo spumante e si sbagliano le date finendole sempre con l'anno precedente ma niente di più.
Settembre invece.
Mese atroce e bellissimo.
La malinconia della fine di una stagione, la paura dell'inizio di quella nuova.
Settembre era la scuola.
Settembre erano i mal di pancia del mal di scuola.
Settembre era l'angoscia di riprendere la vita in ritmi stabiliti, senza l'anarchia dell'estate.
Settembre era il caldo di agosto con i vestiti per bene addosso, adatti a stare in classe.
Settembre era mamma che mi toglieva le ultime ore di sonno per riabituarmi a svegliarmi presto al mattino.
Settembre era il libro delle vacanze ignorato per mesi e completato a tempi record in pochi giorni.
Settembre era la pelle che si sbiancava e l'umore che si ingrigiva.
Settembre era la lista di nuovi propositi.
Settembre era il continuo delle cose lasciate in giugno.
Settembre era dimenticarsi degli amici del mare fino al prossimo caldo.
Settembre erano i professori abbronzati e il sorriso che mi veniva immaginandoli col costumino.
Settembre era di nuovo Milano.
Settembre era qualche pioggia profumata, non a Milano.
Settembre era il primo acquisto di una sciarpa nuova.
Settembre era il momento in cui smettevi di dire '' no, quello lo do a settembre!''
Settembre era il corpo al lavoro e la testa in vacanza.
Settembre è e non era.
E forse sempre sarà.

venerdì 2 settembre 2011

Agosto, mese cafone, è finito.

Ho camminato sui miei occhiali da vista, frantumandoli, e ne ho poi comprato un paio tartarugato da secchiona che mi piace parecchio.

Ho scoperto un amore sconfinato per i baffi del latte e per il loro perdurare tenace sino ad un secco colpo di tovagliolo sulle piccole labbra di Effe.

Ho visto albe bellissime, ho nuotato in un acqua salata e limpida, e bevuto tanto e senza pensieri in una terra chiamata Salento.

Ho fatto chilometri in macchina con il mio amico del cuore cantando canzoni improbabili e scoprendo  di sapere alla perfezione le canzoni di Pupo. Ho così assolutamente la certezza di essere stata nella vita precedente una sua estimatrice, e attraverso la nota dottrina platonica della reminiscenza, posseggo in me tutti i termini della sua ignobile discografia.

Ho fatto un'ottima paella.

Ho inconsapevolmente recitato assieme al mio amico la parte dei fratelli Capone di Totò e Peppino scrivendo una lettera. Ci siamo impantanati per diversi minuti su 'per seguire'  che io, con reminiscenze giuridiche non platoniche, scrivevo 'perseguire'.

Ho capito che invecchiando perdo la mia purezza, almeno nei pensieri.  La libertà ha a volte, per me, il costo della purezza d'animo. Ad ottanta anni la mia anima sarà nera come quella di Hitler.

Ho scoperto che la madre di mio padre sta morendo. L'ho vista una volta sola in vita mia, anche se pare siano state due ma della seconda non ho memoria. Ho paura per mio padre che per trenta anni ha finto di non soffrire per l'abbandono di una madre capricciosa. Ho paura di vederlo soffrire.

Ho iniziato a cercare il bandolo della matassa.

Ho visto di essere fatta anche di buchi, parti vuote, mai colmate o dolorosamente strappate. Vuoti neri difficili da spiegare agli altri, vuoti che si colmano con le assenze. Vuoti che mi completano. Vuoti che sono pezzi di me.

Ho avuto delusioni.

Ho dato delusioni.

Ho sudato molto.

Ho avuto voglie nuove, più adulte e capito che che in me la paura e la voglia si daranno sempre la mano.

Ho mangiato tantissimo yogurt e deciso sarà la mia cena per i prossimi anni.

Ho deciso, ora, di smettere di fare propositi che di sicuro non manterrò.

domenica 31 luglio 2011

Easy coperchio per easy pentola

Il mio amico gaio ha da poco chiuso una storia.
Seria.
Una di quelle fatte di amore e convivenza.
Anche lacerante a dirla tutta.
Sono mesi che non fa sesso.
Si è preso una pausa.
Voleva essere libero, da tutto.
Anche dal sesso, che a volte può essere impegnativo.
Anzi dovrebbe sempre esser tale.

Ultimamente però l'ormone è riesploso.
E mi sembra anche giusto.
Questa estate fresca ti fa venire voglia di corpi vicini.
Così, il mio amico gaio, si è buttato su GayRomeo.
Un sito di incontri.
Organizzatissimo.
Scegli la categoria che ti piace, l'età, la regione.
Le corsie dei supermercati sono molto più confusionarie.

Ha chiacchierato con un tipo interessante e guardato il suo profilo.
Il tizio ha foto che ritraggono solo il corpo.
Del volto non c'è traccia.
Gli domanda la ragione e la risposta è la seguente:
'' L'assenza del mio viso ( esposto: perché ovviamente ne posseggo uno e anche foto del medesimo) è dipesa dal fatto che ho una compagna, che per quanto easy, non gradirebbe sapere che in giro mi scopo dei maschietti.''

Il mio amico riporta a me l'accaduto commentando così '' La gente è fuori controllo''.
In realtà a me pare l'opposto.
Un controllo di altri tempi.
Oggi l'ostentazione dei gusti sessuali è un must.
Perché nascondersi ancora?
C'è un settore in cui l'omosessualità continua a non essere vista di buon occhio?
Sei per caso anche un prete?
A questo punto il sacco andrebbe vuotato interamente.

Magari il settore in questione è quello delle relazioni.
Eterosessuali, ma non per forza.
Oneste, si spera.

Penso alla povera easy compagna.
Così easy da aggiudicarsi l'aggettivo ma non tanto da conservarlo sino alla fine.
Dovrebbe compiere una scelta: o sopportare tutto, anche le sodomie di questo cavaliere errante e diventare una easy a tutto tondo.
Oppure trasformarsi in una compagna hard, senza un valore sessuale che qui andrebbe sprecato, e concedergli solo la sigaretta sul balcone, estate-inverno-intemperie incluse.

Anche se io opterei per un'altra soluzione.
Molto più violenta.

mercoledì 27 luglio 2011

Terrore sul web

Le ricerche sul web sono indubbiamente utili.
Quotidianamente necessarie.


Soprattutto per alimentare le tue paure appena queste tentino d'affievolirsi.
E succede che una storia di cronaca, una tra mille, ti metta un'angoscia enorme addosso.
E non scoppi in lacrime solo perché la sindrome premestruale è lontana.

Un anziano vive DA SOLO.
Si sente male e va in ospedale DA SOLO.
Lì muore DA SOLO.
L'ospedale cerca di rintracciare i parenti ma non trova nessuno.
Così rimane in obitorio per giorni DA SOLO.
Fino a quando non celebrano i funerali a cui, naturalmente, nessuno va.

I nipoti dopo un mesetto che non lo sentivano si ricordano della sua esistenza.
Lo chiamano, inutilmente.
Suonano alla sua porta, inutilmente.
Fanno sfondare dai vigili del fuoco la porta della sua casa vuota.
Iniziano le indagini e da lì a poco si svela il mistero.
La sparizione diventa una morte in solitario.

Questa morte senza lacrime mi fa male.
Mi fa odiare i suoi nipoti.
E mi terrorizza.
Per me.

E Papà, anche se non leggi qui, lo so che quando scherziamo, nella maniera stupida che piace a noi, io ti dico sempre che non te lo cambierò il catetere ma non è vero:
te lo cambio!
te lo cambio!

E smettila di grattarti!

martedì 26 luglio 2011

Lecite curiosità

Da qualche giorno la Norvegia è una terra colpita.
La follia di un uomo l'ha devastata.
Ha minato la tranquillità del luogo e la serenità del popolo.
Le vittime sono molte.
L'insensatezza dell'avvenimento non mi dà pace.
Immagino i volti spauriti di chi inizia a scappare inseguito da una pistola.
Immagino il momento in cui realizzi che devi scappare via.
Immagino le gambe che fuggono senza sapere la ragione della corsa.

Ma non riuscirei mai ad immaginare cosa abbia spinto Vittorio Feltri a scrivere un editoriale simile :

http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna&currentArticle=12GIET
Feltri è, facendo una sintesi, basito dal fatto che i giovani che si trovavano sull'isola di Utoya non abbiano organizzato alla svelta una difesa contro il folle omicida.
Li definisce giovani incapaci di reagire.
E di conseguenza attribuisce a questa loro incapacità la morte.
Vittorio RAMBO Feltri immagina anche possibili strategie di attacco all'autore del gesto.

Lo si attacca in 50, visto che sull'isola di persone ce ne erano 500, una decina di loro moriranno ma ben 30 o 40 potranno salvarsi e fare a pezzi Breivik con le loro mani al grido di: '' Uno per tutti, tutti per uno''.

Ecco.
Non so se Feltri abbia visto troppi film americani.
So solo che avrei molte domande.

Ad esempio: Come scegliamo i 50 salvatori tra i 500 presenti? Come si svolgono le selezioni? Quali sono i requisiti da possedere? Sono escluse donne e bambini? Quali sono i tempi di presentazione delle adesioni? Posso partecipare a più contrattacchi in diverse parti del mondo o vi sono cause di incompatibilità? Posso scegliere di candidarmi per un ruolo particolare o le candidature sono generiche? In quest'ultimo caso chi sceglie l'assegnazione dei posti? Che requisiti o titoli possiede questa persona? Anzianità di strage? Verrà rilasciato un attestato al termine dell'azione che certifichi la mia partecipazione? Che valore avrà nel mio CV? A cosa avrò diritto nel caso in cui venga ferita? E se morissi cosa spetterebbe alla mia famiglia?

Mi fermo ma avrei molto altro da domandare, sicura che la mia curiosità incontri quella di molti colleghi.
Se si potesse scegliere preferirei essere tra i 30 o i 40 che si salvano perché tra 4 giorni è il mio compleanno e sarei felice di festeggiare visto che oramai ho già organizzato.

Perché un individuo sceglie di scrivere una cosa del genere?
Ci crede veramente o vuole solo essere una voce fuori dal coro?
Ridicolmente fuori dal coro?
Perché la sveglia di Feltri questa mattina non si è dimenticata di suonare?

martedì 19 luglio 2011

Spesso sono le mode a dar vita agli individui

Ed io che pensavo che questa fosse l'era dei tatuaggi.
In realtà è l'era dei disturbi alimentari.
E aggiungo un 'per fortuna'.
I tatuaggi sono così rozzi.
Consapevolmente pacchiani.
Troppo proletari.
Un vestito che non puoi cambiare.
Un abito da indossare in ogni occasione.
Tutti i giorni.
Preferirei avere addosso la stessa biancherai per un anno intero.
Toglierla solo quando è oramai incatramata.
Dei disordini alimentari non dico.
Molto più chic però.

sabato 16 luglio 2011

''Riassunto della nuova legge: la tua vita comincerà a interessare alloStato solo quando cesserà di interessare a te.'''

Vorrei svegliarmi lontano da qui.
In un paese che non approvi una legge sul fine vita come quella a cui la Camera ha detto sì.
In un paese che non mi obblighi alla idratazione e alla nutrizione artificiale con la scusa di alleviare le mie sofferenze.
In un paese che non voglia prolungarmi le stesse.
In un paese che se mi permette di firmare una Dichiarazione anticipata di trattamento imponga al medico di attenersi ad essa, altrimenti si elimini questa pagliacciata.
In un paese che recuperi la dignità in molti campi e si faccia guidare da questa.
In un paese che non ascolti l'opinione del cardinale Bagnasco.
In un paese che se pure ascoltasse l'opinione del cardinale Bagnasco non si faccia influenzare dalla stessa in misura maggiore da quella espressa dal mio pizzicagnolo di fiducia.
In un paese che non consideri Beppino Englaro come un omicida. Sua figlia è morta in un incidente stradale, lui da quel giorno non l'ha avuta più.
In un paese che mi permetta di scegliere per me stessa.
In un paese che non mi imponga un giusto modo di morire.
Ma è ancora presto, torno a dormire.

venerdì 15 luglio 2011

Non lo farei comunque.

venere milo
''Ho sempre desiderato fare l'amore con la Venere di Milo...''

''Non posso fermarti, non ho le braccia.''

Riposo notturno

Cambiare abitudini non è così difficile.
La vera difficoltà è convincere gli altri del cambiamento avvenuto.
Dopo un anno, o forse di più, di vita notturna sono tornata a ritmi regolari.
Non vado più a letto alle 4e30 per alzarmi ad ora di pranzo ma la mia sveglia suona puntuale alle 7e30 così alle 23 sono già da buttare.
Gli amici non lo accettano.
Evidentemente no.
Chiamano ai vecchi orari.
L'una di notte. Chiama un'amica per raccontarmi una cosa.
Io rispondo così: '' hghsyrisjaljfs0aoòòjajieopwmclaòakfggkaopallòucaljaoaoaoa''
Sembra non accorgersene e prosegue.
Già immagino quanto se la prenderà quando interrogandomi sull'aneddoto io farò scena muta.
Non ricordo assolutamente nulla.
Solo il suo tono di voce concitato.
L'una e un quarto chiama mia madre.
E' uscita con mio padre perché 'sai' è estate.
Rispondo ''ghhhahahsafhaieaooqsajfwo''
E mamma ''e perchè hai sta voce?'' Io ''dormivo''
E mamma ''ma non ti senti bene? '' Io ''No mà sto benissimo. Ho sonno. Solo sonno.''
E chiudo.
Ore due e un quarto. Sms di vecchio coinquilino ''I pacchi sono 5 o 6. Mandami il tuo nuovo indirizzo che te li spedisco. rispondi subito. ciao''
Rispondi SUBITO alle 2 e un quarto del mattino??
Crepa.

Stanotte spengo il cellulare.
Non è mica sempre così facile fare una cosa così semplice.

martedì 12 luglio 2011

Domani torniamo?

''Su, andiamo a lavarci e scendiamo a giocare con i gattini!''
In bagno calci, pugni, schizzate d'acqua e spintonate.
La figura adulta in affitto si prodiga in vane esortazioni affinché cessino.
Hanno tredici anni in due, un po' di serietà!
Nulla da fare: scatta la punizione.
''Si rimane a casa, niente gattini!''
Disperazione sui volti.
Urla di disappunto.
'No' con un numero incredibile di vocali.
Il piccolo, un lustro appena compiuto, mi guarda furibondo.
La faccia bordeaux.
Gli occhi serrati in uno sguardo intimidatorio.
Il collo solcato dalle vene rigonfie.
Mi urla: '' Questa è casa mia, e qui tu non decidi nulla. Non puoi dire cosa dobbiamo fare e cosa no. Non puoi decidere qui. Questa è casa mia, è casa mia, capito?
Qui comando io, mia madre, mio padre e la mia famiglia!''
Nell'ultima frase ha preferito essere pleonastico piuttosto che riconoscere potere decisionale, anche limitato, alla sorella maggiore.
Per me ha tutte le ragioni del mondo.
Una sconosciuta che detta legge in casa mia, che mi dice cosa devo fare senza essere mia madre.
E' tremendo.
La sua è una reazione giusta e bisogna apprezzare chi è capace di ribellarsi.
E anche ricordarsi di ribellarsi più spesso.
Ma è comunque uno stronzetto di cinque anni che deve capire chi comanda quando i suoi non sono in casa.
Sono pagata per questo.
E a volte è anche piacevole.
Quindi zitto e obbedisci.
Fai quello che dico io perché io sono adulta e ho ragione.
Occhei sto esagerando.
Ma ci vuole il pugno di ferro.
Così si asciuga i lacrimoni e va a sedersi sul divano.
Trascorrono due ore nelle quali i fratelli si comportano benissimo, come i bimbi delle pubblicità.
Hanno imparato la lezione, mi piace pensarla così.
Fessa e contenta.
Allora li premio.
Andiamo in giardino dai gattini.
Li accarezziamo, li rincorriamo, li coccoliamo ma soprattutto insegnamo al bimbo a non averne paura.
Perché nonostante avesse insistito come un dannato per giocarci, trovandosi lì di fronte si faceva sotto.
Lui prende fiducia e inzia a rilassarsi, ne prende persino uno in braccio.
Ma il gatto tra le sue braccia decide di fare la pipì così il bimbo decide di gettare il gatto per aria.
Decisioni importanti da parte di entrambi.
Sviluppi disastrosi.
Anzi dolorosi.
L'unico appiglio per il gatto che nuota nell'aria è il mio braccio al quale si avvinghia con tutta la forza che ha.
E lo scava per bene, senza lasciare nulla al caso.
Graffindomi quasi a morte.
Per un'emofobica come me l'episodio è stato l'anticamera dell'inferno.
La sorella maggiore rideva a crepapelle, il maschietto piangeva per una goccia di pipì finita sulla sua maglia.
Io trattenevo tra i denti le bestemmie di tutti i santi del mese di luglio scaraventando per aria il gattino.

Domani 19 ore di cartoni animati.

domenica 10 luglio 2011

Percorso ter-male

Ci sono immagini romantiche nella mia testa.
A volte.
Una di queste è leggere un libro tra le braccia dell'uomo che amo.
E che mi ama.
A volte sono io che lo abbraccio con il libro tra le mani.
E la sua testa sul mio petto.
Altre sprofondo completamete nella sua stretta.
Le parole prendono vita con voci diverse.
A turno leggiamo con la giusta intonazione.
Lasciando una traccia di noi nei versi che pronunciamo.
Le stagioni fanno da sfondo in questa mia fantasia.
Il caldo di un maglione e di un plaid che ci avvolge d'inverno.
L'ombra di un dondolo sotto un pergolato di glicini in estate.

Ieri ho portato il mio libro con me.
L'ho lasciato al riparo nella mia borsa.
Mentre nuotavo nell'acqua sulfurea tra puzza e caldo.
Un'immagine lontana dall'idea di refrigerio ma in realtà molto piacevole.
Stordita dagli effluvi sono riemersa per godermi il sole feroce.
Amara sorpresa al mio ritorno.
Il mio amico mi ha spodestata tuffandosi nella mia lettura.
Avrei voluto riappropriarmi del mio scrigno di passione.
Ma il mio sguardo si è posato sul suo volto concentrato.
La fronte corrugata e gli occhi mobili.
Un labbro stretto con decisione tra i denti.
Sorrisi improvvisi e accennati.
Sono rimasta a guardarlo per un po', a vedere l'effetto del mio libro su di un altro.
L'ho sentito vicino.
Ancora una volta.
Vicini come lo eravamo da bambini.
Vicini perché condividevamo.
Quella condivisione che ho infruttuosamente cercato in questi anni.
Che poi ritrovo in un'ora afosa.
E dura il tempo di quell'ora.

lunedì 4 luglio 2011

Dente

Ho messo le mani in tasca ed ho sputato sulla tavola, buon appetito amore mio!

mercoledì 29 giugno 2011

Lotta tra titani: la favola del pavone e della gallina.






Da gustarselo comodi con un aperitivo tra le mani.
Scattando in piedi soltanto per bloccare quel tizio in giacca e cravatta che vuole fermarli.
Non può.
Non deve.
Tutti hanno il diritto di esprimersi.
Anche i patetici.

venerdì 24 giugno 2011

Un curioso caso di point break

_G_

In _G_ , con _G_ , per_G_ .


Tu non ne sai nulla.
Io ne so troppo.
Purtroppo.
Mi hanno detto che dovrei ringraziarti.
Tu ti sei scusato.
Io ti ho perdonato.
Mi hanno detto che dovrei ringraziarti.
Hanno detto che stare male ora servirà.
Servirà a molte cose.
Servirà a non sviluppare una malattia senza motivo in futuro.
Hanno detto una cazzata.
In futuro anche io l'avrò una malattia.
Ce l'hanno tutti nel futuro.
Quindi sarò stata male due volte.
Ora e poi.
Che culo.
Eppoi qual è il motivo di una malattia?
Una causa, forse.
Ma anche la causa è senza motivo.
Però mi hanno detto che ti devo ringraziare.
Grazie più per tutto il male causato che fatto direttamente, hanno detto.
Hanno detto che hai aperto un varco.
Tra me e il mio dolore.
Quello a cui non davo voce.
Sei stato un ago.
Hai punto.
Viene tutto fuori.
Quello che pulsava sotto.
Anche quello che non sapevo ci pulsasse lì sotto, dio.
Fa male.
Hanno detto che lo sanno.
Hanno detto che capiscono.
Hanno detto che è colpa di questa nostra generazione.
Io ti ho pensato.
Alla tua frase : '' stare con te significa crescere''.
Mi inorgoglì, prima.
Mi mandò in bestia, dopo.
Portò sfiga, allo stato attuale.
E tu sei cresciuto?
Hanno detto che dovrò lavorare.
Hanno detto che dovrò impegnarmi.
E hanno detto tante altre stronzate eh!

mercoledì 15 giugno 2011

Quattro sì

Compiere trenta anni due mesi fa.
Compierli lontano da casa con pochi sms e poche telefonate d'auguri.
Mancanze che ti aprono gli occhi e alleggeriscono il paniere dei legami.
Legami logori da molto.
Farsi crescere i baffi almeno a trenta anni.
Per smettere di dimostrarne ventidue.
Finalmente.


Tornare a casa per votare.
Chiamarmi.
Sono una delle poche persone con cui continui a parlare da quando vivi su.
Parlare al di là dei convenevoli stancanti.
Questo lo penso io, tu il messaggio lo lanci nascosto tra mille parole.
Ci vediamo di notte.
Con un unico scopo.
Sì, con un unico scopo.

Fare l'amore.
Rettifico.
Fare sesso.
Rettifico.
Scopare.
E' andata.

Non è la prima volta.
Non so se sarà l'ultima.
Dipende dalle prossime elezioni.
Anche i nostri incontri sono legati all'andamento dell'attuale governo.
Una precarietà sessuale che si aggiunge a tutte le altre.
Il mondo giovanile è tremendamente difficile.
Senza appigli.
Neppure le imprevedibili gioie del sesso ad addolcire la pillola.
Incontri cadenzati dalla affluenza alle urne.
Un quorum sempre più difficile da raggiungere.
Orgasmi a seggi ancora aperti.
Risultati parziali.
Troppo parziali.

Rivestirsi.
Caffè notturno sul divano della tua casa bellissima.
La casa di mamma e papà.
Un'eredità bellissima in un posto da brivido.
Discorsi lunghi ma su un solo argomento.
Alternati a manifestazioni del tuo carattere acido.
Prima eri burbero e adorabile proprio per questo .
Ora invece tendi più all'acidità ma non ti correggo.
Non provo a rimetterti in riga.
Non ne vedo la ragione.
Diciassette anni li ho compiuti da un po'.
Mi basta una battuta per placare il tuo versamento di bile.

La luce del tinello ci illumina i volti.
E ti trovo molto bello.
Il fumo è ovunque.
Profumo forte che si posa sul tuo collo.
Siamo profondi senza diventare intimi.
Il sesso non è una giustificazione sufficiente per aprirsi all'altro.
Ma ci spingiamo sempre un po' più in là.
Forse è meglio fermarci.
Nomini Di Pietro, Antonio Di Pietro.
Ecco che dentro di me ti ringrazio per aver fornito lo spunto di chiusura.
L'IDV post coito è un horror che scelgo di non guardare.

Mi accompagni a casa.
In macchina.
Eppure abitiamo vicinissimi.
Nemmeno i cento passi di Peppino Impastato.
Dolce.
E ti stampo un bacio sulla guancia.

Arrivo al portone pensando soltanto una cosa.
La statistica afferma che spesso chi dà il primo bacio al termine del primo amplesso sarà quello che ne uscirà male. (cit.)
Non era un bacio 'vero'.
Non era il primo amplesso.
Per uscire devi prima entrare.
Sono salva.

lunedì 13 giugno 2011

Luoghi comuni bipartisan

Come mai continui a stare con un uomo che ti ha tradito?

Cornuta generica risponde : '' Perché l'ho perdonato''

In cosa consiste esattamente questo perdono? Fai finta che non sia mai successo?

C.G. : '' No, quello è impossibile. Lo ricorderai sempre. Però sai che ha capito che ha sbagliato e non lo rifarà''

E come fai ad essere sicura che ha capito di aver sbagliato? E ad essere sicura che non lo rifarà?

C.G. : '' Perchè queste cose una donna le sente!''

Ma una donna non dovrebbe sentire anche quando il proprio uomo la tradisce, non dovrebbe avvertirlo con il cosiddetto sesto senso femminile? tu invece non te ne sei accorta, hanno dovuto dirtelo, vero?

C.G. '' E questo cosa c'entra? Da allora ho imparato a riconoscere i segni, ho affinato il fiuto. Ora non mi sfugge nulla.''

Lo controlli?

C.G. : '' Un po' ''

Perchè non lo tradisci anche tu?

C.G. : '' Ma cosa dici? e chi lo sente poi? manderei all'aria il matrimonio, ho due bambini.. qui non si fanno i giochetti da ragazzini!''

E perché lui dovrebbe lasciarti? Tu il suo lo hai perdonato e non lo hai lasciato, nemmeno lui dovrebbe lasciarti.

C.G. : ''Ma mi prendi in giro? Non è un fatto di reciprocità!''

Sì invece. O lo lasciavi o lo tradisci anche tu. Non potrà mai rinfacciarti nulla. Lo ha fatto per primo e non è stato lasciato. Sarebbe illogico.

C.G. : '' Non si tradisce per ripicca!''

E chi lo dice? E poi non sarebbe per ripicca ma per riequilibrare. Riportare in asse la bilancia.

C.G. : '' Ma no, sarebbe deleterio e irreparabile. Proprio ora che le cose tra di noi stanno riprendendo a funzionare''

Beh lui lo ha fatto quando le cose tra di voi andavano a gonfie vele o sbaglio? Non eravate in crisi.

C.G. : '' No, anzi era un periodo di serenità. nessuna grande preoccupazione. Un po' di routine ecco tutto.''

Ecco potresti stravolgere un po' la vostra routine, movimentarla.

C.G. : '' Io sono una scema, non le so fare certe cose.''

Non sei una scema, e provaci prima di dire di non esserne capace.

C.G. : '' Eh parli facile tu, sposati e ne riparliamo. Esci da questa tua solitudine quotidiana e rifacciamo questa conversazione''

Io non sono sola, o forse sì ma lo sarei anche in coppia. Anzi sicuramente lo sarò anche in coppia come è già successo. Ma non è un male, dovresti smettere di vedere solo il lato negativo della parola solitudine. Anche tu sei sola. Sei una donna sola e tradita che non ha lasciato il marito traditore per paura di una solitudine che invece è già esistente. E questo è il lato negativo della parola e tu conosci solo questo.

C.G. : ''sei la solita stronza, grazie''

Non volevo, per una volta non volevo ma perchè devi dirmi sempre che non capisco le cose solo perchè abbiamo punti di vista distanti? Ci fai la figura di una a corto di argomenti.

C.G. : '' Devo stirare e preparare la cena''

Ecco, vedi io queste cose non le capisco perchè non sono sposata. Cosa vuol dire stirare? e fare la cena? è un modo come un altro per dire che mi devo levare dai coglioni?

C.G. : '' Quando vieni qui con l'intenzione di provocare sei da prendere a schiaffi!''

Ma non è vero. Io non volevo provocare. Volevo solo sapere, conoscere e proporre alternative non richieste.

C.G. :'' ecco, non richieste!''

Cheppalle!

C.G. : '' No che palle lo dico io. Sei una stronza, ti senti il Santi Licheri delle storie d'amore, sai sempre la cosa giusta da fare in teoria ma in pratica sei ferma in un angolo. Una studiosa dell'amore? è così che ti devo definire? ma per favore! L'amore è responsabilità, è dedizione, è sacrificio. E' impegno costante in virtù della felicità dell'altro. E' lavorare per raggiungere una felicità a due. E questa felicità è fatta di piccole cose, di piccoli passi o gesti in direzione dell'altro. E' camminare parallelamente tutta la vita stringendosi la mano.''

Disse lei ad alta voce chiudendo il suo harmony a pagina 104.

C.G. : '' Fuori!''

martedì 7 giugno 2011

Saturday Night Live [Forse!]

''Ragazza oggi lavorerai tanto!'' : vengo spesso accolta così a lavoro.
E' una delle frasi che odio di più!
E' come se al mattino non mi dicessero '' Buongiorno!'' ma ''Oggi avrai una giornata di merda!''.
Ma dio!
Tacete!
Non me lo dite!
Non lo voglio sapere!
Sono facile alla paura io, non voglio essere preparata.
Inizio male e finisco peggio quindi zitti tutti!

Anche perché queste previsioni si avverano sempre!
Un sabato sera da panico.
Clienti che continuano ad arrivare senza sosta, tavoli stracolmi, attese di un'ora e mezza per un panino, gente incazzata, bambini killer che scorazzano tra i tavoli e mirano ai tuoi stinchi, madri ridanciane che non si preoccupano di richiamarli all'ordine ma flirtano con i maschioni del tavolo di fianco, ragazzi con cattivo gusto in fatto di abiti che ti fanno battutine da piacioni alle quali tu non abbocchi, con la scusa che hai da fare ma in realtà è solo per quei loro abiti.

Preferiresti chiuderti in cucina, magari nel frigo per sfuggire all'afa.
Ma devi gettarti nella mischia, fare la tua parte e indicare, in media 20 volte a sera, dove sia il bagno.
Esci tra la calca inferocita dalla fame ed un ragazzo, carino, di circa 30 anni, con t-shirt viola scuro, ti chiama con toni seccati e ti fa avvicinare al suo tavolo.
Ti dice ''Ascolta, un'ora fa ho ordinato al tuo collega dei panini, sto aspettando e ancora non mi avete portato nulla. Gli altri tavoli li avete serviti tutti. Il mio no.''

Con gentilezza rispondi '' Mi dispiace per l'attesa, ora vado in cucina a controllare a che punto siano.''
Lui, in maniera scortese, '' No, no non hai capito proprio niente! Io non voglio che vai in cucina perchè tanto poi torni e dici che stanno per uscire. Voglio che mi porti il conto delle birre che ho bevuto. Adesso!''
In fondo ha ragione. E' quello che avrei fatto. Allora rispondi soltanto '' Ok , le porto il conto''.
E lui calmando i toni '' No, ma io non ce l'ho con te, lo so che tu non c'entri nulla però ve ne dovete andare tutti affanculo, tutti quanti affanculo!''
Io, con sorriso plastico, '' Va bene, grazie''
E lui per precisare '' Ma non solo tu che non c'entri nulla, tutti, tutti quanti i camerieri, tutto il locale: vaffanculo!''
Io, per accontentarlo, '' allora facciamo così lo inserisco nel bicchiere delle mance e a fine serata lo dividiamo tutti in parti eque!''
Lui, con un sorrisone, ''Ecco brava!''
Io rispondo con megasorrisone triplo con ghiaccio.

Basta poco per far felici gli altri.
Prendersi per il culo a vicenda richiede qualche sforzo in più.

lunedì 6 giugno 2011

Lontano lontano

Mi irrita vedere la nostra amicizia finire così.
Non lo merita.
Vorrei tanto che fosse finita con urla, strepiti e pianti.
Vorrei aver ricevuto una di quelle frasi che ti strizzano il cuore.
Vorrei averne detta una capace di farti piangere all'istante.

Invece muore lentamente.
Ogni giorno si aggiunge una piaga.
Un messaggio che leggo e al quale non rispondo.
Una serata organizzata senza prevedere la tua presenza.
Una telefonata per lasciarmi andare con qualcuno che non sei tu.

Tu che non te la prendi nemmeno.
Che non ti accorgi delle distanze, delle assenze.
Che forse le desideri.
Che desideri cose diverse da quelle che avevamo.
Io che non ho voglia di riconquistarti.
Ci ho provato e mi sono annoiata.

Anche la noia è una colpa?

martedì 31 maggio 2011

Minzione liberatoria

E' un momento preciso, se tu sei distratto è lui che ti bussa alle spalle.
E' come durante una tempesta. Non è finita, ma è il momento in cui ti accorgi che sta per placarsi.
E' il momento in cui capisci che ti puoi sedere al fresco e goderti una pausa nelle 10 ore di fatica.
Cinque minuti di ristoro mentre guardi il mare calmo.

L'imprrevisto però è dietro l'angolo.
Arriva lei, Na-dia, che io chiamo Dia-na perché invertire mi viene facile.
E che ho spesso chiamato Stefa-nia, senza motivo apparente.
Una collega che non è che mi sia proprio entrata nel cuore o nel cervello.

Non mi dispiacerebbe se si sedesse accanto a me in silenzio per riposare.
Mi piace dividere i silenzi stanchi con gli altri.
I silenzi imbarazzanti sono quelli stancanti.
Quelli stanchi, invece, ti avvicinano all'altro.

Ma lei non è del mio stesso avviso.
Lei viene per sfogarsi, per essere capita.
Inizia a parlare delle mance, dei turni, a lamentarsi del suo ragazzo a me totalmente sconosciuto.
Convivono da anni ma lui non la vuole sposare.
Così accumula rabbia che dispensa in giro.
Inizia a scendere nei dettagli della sua relazione.

Continua voracemente, mentre io scuoto la testa annuendo, solo per dimostrarle di essere viva.
Ho il vuoto negli occhi mentre fingo interesse.
Il vuoto si amplifica appena inizia ad estendere l'intero discorso alla condizione femminile e ai soprusi che queste subiscono.
''L'uomo è stronzo. L'uomo non ammette di aver sbagliato. L'uomo non cambierà mai eppure tu ci provi, ti ci dedichi. Tu invece per lui cambi, t'adatti.''
E io, in silenzio, continuo a dire di sì con il capo. Pare sia il movimento giusto per la cervicale.

Decide di darmi il colpo di grazia.
Inizia a parlare della povertà, della sua condizione di povertà.
Inizia a dirmi cose che non vorrei sapere.
Lei conosce la povertà della carenza. Delle privazioni.
Non quella nascosta dietro gli acquisti.
Non quella spendacciona della mancata accettazione.
Sto per svenire sotto il peso dei suoi argomenti, sbrodolati fuori con un tono querulo che non mi aiuta.

Mi alzo in piedi, un guizzo di vitalità. Sono i talloni a chiedermelo.
Mi giro a destra verso di lei che alza la testa verso di me, con una frase ancora a metà tra le fauci.
Ho interrotto il suo monologo.
E' il momento di una mia battuta.
''Vado a fare pipì'' dico.
E mi allontano camminando velocemente.

In mente ho solo questo: '' mavaffanculonadia!''

lunedì 30 maggio 2011

Per la prova ti do 30 euro o 35 se ti comporti bene.

Hai sempre avuto rispetto per il lavoro di tutti.
Non hai mai creduto si dovessero differenziare le persone in base al lavoro che fanno.

Ad ognuno la sua strada, a te la tua.
Università prestigiosa, o almeno così dicono, risultati positivi. Un futuro che cresceva sotto una buona stella.
Sei ad un passo dalla laurea specialistica, la triennale è già tutta tua.
Con fatica, anche quella tutta tua.
Stage in un grande studio penale.
Ma inizi a stare sempre peggio.
Male ci stavi già da tempo, già da tempo il gioco non valeva più la candela ma andavi avanti comunque.
Finisci in ospedale, finisci a guardare i libri senza leggerli, a sfogliarli nervosamente, a contare le pagine che ti separano dalla fine.
Finisci che stai sempre peggio.
Perdi tutto.

Non hai un soldo, la tua famiglia arranca, tu annaspi.
Crolla tutto e non c'è rete che tenga.

Torni a casa tua per riposare e ricominciare.
Finisci invece a desiderare di non esistere per non pensare a cosa hai sprecato.
Cercare un lavoro è la cosa più difficile da fare per una che per ora sa solo studiare.
Per una che ha sempre fatto la figlia, che non è mai stata autonoma, che ' doveva solo studiare perchè al resto ci pensa papà'.
Finisci a capire che non sai crescere. O che non vuoi che è anche peggio.

Ti servono i soldi, i lavoretti saltuari sembrano un miraggio.
Ne trovi uno da cameriera per l'estate.
Sei felice anche se ti spaccherai la schiena.
Sei felice perchè servirà a versare la caparra per un appartamento che prenderai in affitto lontano da qui.
Per ricominciare. Per riprovarci almeno.

Eppure piangi come una disperata. Piangi da strozzarti con le lacrime. Perchè non è il futuro che volevi. Nemmeno per tre mesi. Piangi perchè tu i cessi del pub non li vuoi pulire. Perchè se ci pensi vomiti già.

Piangi perchè forse ti sei inutilmente sempre sentita la regina-di-sto-cazzo.
Come scettro un taccuino, un vassoio come scudo.

Fingerai che l'amaro in bocca di stasera sia dovuto solo ad una birra troppo forte.
A fingere, in fondo, sei brava.

giovedì 26 maggio 2011

Alpenliebe

-Buongiorno.
-Buongiorno.
-Iniziamo parlando dell'elaborazione del lutto.
-Sì, ehm.. sì ecco... elaborazione del lutto ha detto?
-Certo!
-Sì...eh... ehm...il lutto è ...ehm...
-Non mi vorrà dire che non l'ha fatto!
-Sì! No... ecco è...è che... che non sapevo me lo avrebbe chiesto!
-Cosa? Ma che assurdità è mai questa!? E' un elemento fondamentale! Mi dispiace ma senza non possiamo andare avanti!
-No, ma io lo so che è importantissimo è che... è che io... io ci provo ma non ci riesco! Potrebbe, per favore, chiedermi un'altra cosa? La prego!
-No.. no mi dispiace ma se non sa rispondere non possiamo andare avanti. Senza basi proprio non si può proseguire. Allora, cosa vuole fare, mi risponde o no?
-Ma io vorrei, mi creda! Sono anni che ci provo eppure non riesco.
-Anni?
-Sì, anni.
-Si arrenda!
-No, la prego. Mi faccia un'altra domanda!
-No, senza questo il resto è tutto inutile. Si alzi e torni quando lo avrà elaborato.
-Arrivederci.
-Arrivederci.

martedì 24 maggio 2011

Ci penso io papà!



Questo treatrino Pisapia, Moratti, Red Ronnie finirà tra qualche giorno.
Per ora però è divertente vedere una figlia che spende parole, a caso, per un padre.
Difendere un padre è una cosa bella, è una manifestazione di amore e rispetto verso di lui.
Però Red Ronnie non è stato accusato di stupro di una cameriera di un hotel né tantomeno ha dimenticato, uccidendola, tua sorella in macchina per 6 ore quindi, tutto sommato, questa difesa poteva essere evitata.
Se la poteva cavare benissimo da solo.
Certo è che cavalcare l'onda della notorietà-da-web è una forte tentazione a cui in pochi sanno resistere così Luna ha perso un'occcasione per eclissarsi.
Un italiano improvvisato [''essendo che'' ; ''volevo dirti che complimenti''; '' a quelli che insulteranno che sicuramente ce ne sono'' ]
Un appassionante excursus storico-politico [dare del fascista è un reato federale, comunismo come utopico movimento sostenuto dagli elfi della terra di mezzo]
Valori ben saldi [essere troia non è un insulto è una filosofia di vita ormai]
Tono saccente [ 4:21 minuti di video]
Minacce [Al massimo ti faccio un altro video]

Mi sorge un interrogativo: Hai veramente aiutato il papà a riconquistarsi la simpatia del pubblico?

Pare che molti delitti si compiano spinti dalle migliori intenzioni.

sabato 21 maggio 2011

I Segreti di Qui

Cercare di spiegare a terzi qual è il posto da cui vieni e le sue intime caratteristiche è impresa ardua.
Per giunta totalmente innecessaria.
E proprio per questo ancor più indispensabile.
Se sei fortunato nasci in una grande città e questo ti toglie circa il 70% del lavoro da fare.
Dovrai al massimo annuire sorridente alle descrizioni che gli altri faranno, oppure smantellare le certezze di chi pretende di conoscere un luogo dopo averci passato un weekend.
Ma se nasci in un paesino la faccenda si complica.
Se nasci nel mio paesino, invece, sei spacciato.
E questo è anche un vantaggio a volte: hai un alibi preconfezionato da sfoggiare in ogni occasione.

Persino gli autoctoni parlano male di altri autoctoni dicendo ' Eh, non ti dimenticare che quello è di ...'.
Con tono di rassegnazione ma anche con un distacco tale che non ti farebbe mai immaginare che anche lui ' è di...'.
Questa cosa mi ha sempre affascinato.
In fondo nascere in un luogo è una caratteristica che non puoi eliminare, potrai far finta che non sia così partendo e non tornando più, ma i documenti parleranno sempre per te.
A meno che tu non voglia entrare in un programma di protezione e ottenere una nuova identità e non sarebbe nemmeno una cattiva idea in alcuni casi.
Quando sei grasso puoi dimagrire, quando sei biondo ti puoi tingere, quando hai poco seno puoi andare dal chirurgo, quando sei basso metti i tacchi come Berlusconi, ma quando nasci qui, nasci qui.

Nascere a ''Qui'' [ nome fittizio per i meno scaltri ] ti fa essere disilluso a 3 anni.
Hai l'amaro in bocca a 8 anni e ti lamenti del governo locale a 11.
Sai che tutto è inutile, tutto è irrisolvibile e tutto è impossibile Qui.
I più temerari, perchè alcuni ne esistono, magari quelli che hanno un genitore non di Qui e quindi un patrimonio genetico parzialmente diverso dalla maggioranza, decidono di andare via da Qui e cercare fortuna altrove.
Che genere di fortuna?
La fortuna di vivere. Ebbasta.
Altri nemmeno se lo pongono il problema di andar via da Qui, forse perchè credono che non si vendano biglietti per fuggire via da Qui.

Quello che invece sicuramente a Qui si vende è la droga, tanta.
E io sono molto contenta di questo.
Non perchè sia una drogata ma perchè mi piace vedere l'effetto che la droga fa sugli abitanti di Qui.

Un tempo la droga era simbolo di trasgressione, un ponte per la casa del diavolo e rendeva persino fighi quelli che la prendevano.
A Qui no.
I drogati di Qui, ossia tutti i giovani dai 2 ai 57 anni, perchè a Qui è più o meno a quell'età che finisce l'adolescenza, sono noiosi, monotoni e ridicoli persino da drogati, figuratevi senza quelle sostanze.
Infatti io prego spesso le mafie e le camorre locali di non smettere mai con la loro attività, perchè quei rari momenti di veglia del popolo giovanile di Qui li dobbiamo solo a loro.

Spostando lo sguardo alla popolazione adulta, ossia dai 58 ai 94 anni perchè quelli di Qui sono generalmente longevi, si ha davanti tutt'altro scenario.
Si apre un mondo fantastico popolato da nani, schizofrenici, barboni, politici grassi, vigili urbani che salvano all'interno di grotte le mogli da draghi spaventosi.
Se mi metto di buzzo buono mi convinco di vivere a Twin Peaks e alcune volte vengo anche accontentata. Come quando sono al supermercato e mi accorgo che la commessa che sistema gli scaffali si chiama ''Palmer'' proprio come la Laura di Lynch (è il suo vero nome ed è originaria di Qui da generazioni) .
Sono momenti di gloria sgomenta.
Ma anche di lucidità improvvisa, la sensazione che tutti i pezzi del puzzle vadano al loro posto.
Sento che dietro tutto questo c'è una ragione anche se io non la conosco, non la capisco.

Come non capisco perchè da madre napoletana e padre romano sono finita a nascere a Qui.
O perchè dopo quasi 5 anni di vita fuori, sono tornata a Qui.

Più di tutto però non capisco cosa aspetto per andarmene di nuovo via da Qui.



I Segreti di Qui

mercoledì 18 maggio 2011

Girls

Avere a che fare con una bimba di 8 anni tutti i giorni  è tremendamente formativo.
Viene da me per i compiti tutti i pomeriggi e sono io che imparo:



1. Non dico più parolacce né impreco. Al massimo mi scappa un ''che caaa...'' che diventa ''che caaa....spita'' sul finire.

2. Sono sicura di emanare un buon odore. Non sempre lo stesso però. A volte so ' di profumo rosa' a volte di 'montagne libere'. Fragranze di cui ignoravo l'esistenza ma sono sicura avranno un enorme successo sul mercato.

3. Sono la migliore maestrina del mondo.

4. Sono una stella del cielo o del cinema ed è infatti per questo che faccio il doposcuola.

5. So che mi vuole bene.

6. So finalmente come conquistare l'uomo della mia vita.
Mi avvicino a lui con un grande sorriso e dico: '  Sei carino, sei vivace, sei il ragazzo che mi piace''
Posso già considerarmi accasata.

7. Stare tante ore seduti non fa bene.
Arriva sempre il momento di SGRANCHIARE le gambe o di SGAMBERARLE.

8. So di essere invecchiata. Non mi lascia speranze.
Guarda le mie foto, scattate un anno e mezzo o due anni fa, e dice 'oh come eri bella da piccola!'.

9. Raggiungere un certo livello di intimità con un bambino di 8 anni può essere deleterio per il tuo olfatto.
Si lascerà andare così tanto da riuscire a condividere con te le sue più profonde flatulenze.
E ti costringerà a inventare la 'puzzetta-premio' : tra una materia e l'altra spettacolo pirotecnico sul balcone.
A munizioni terminate si rientra.


To be continued...

lunedì 16 maggio 2011

Il pezzo di carta. Il pezzo di ferro.

Le classi della mia università sono composte da 100 o 120 studenti.
Non è un numero numeroso.
Però non è nemmeno un numero di quelli adatti a dire ' Ci conosciamo tutti' né tantomeno la cazzata ' Siamo una grande famiglia'.
E' un numero però che permette comunque di emergere.
Di riconoscere il più bravo, il più secchione, il più intelligente, il più simpatico.
E' un numero da più.
I medi e 'i meno' vanno a confluire tutti in un unico insieme simbolico chiamato ' gli altri' o anche ' la classe'.
Nel gruppo dei 'più' emergeva Ferro, perchè era uno da tutti 30 e lode.

I primi giorni di lezione del mio primo settembre all'università, questa sua dote era in via di sviluppo e risultava soltanto quello che aveva la mano perennemente alzata per rispondere alle domande del professore.
Aveva così iniziato a catturare le antipatie di quelli che volevano la scena tutta per loro.
Ma ciò nonostante non era  un solitario.
Anzi, era uno a cui piaceva chiacchierare e lo si vedeva spesso nei gruppetti da 7 o 8 persone che si formavano prima , dopo o nelle pause delle lezioni.

Ad autunno arrivò il tempo dei parziali, degli esoneri o di qualsiasi altro nome venga dato a questi escamotages utili a dividivere in due il programma di un esame o per testare la preparazione iniziale degli studenti prima dell'appello vero e proprio.
Ferro in quell'occasione portò a casa tre trenta.
E lo stesso successe a gennaio.  Anche se credo che in quella sessione ottenne persino qualche lode.

La leggenda era ormai nata. Si era consolidata.
Iniziarono a circolare voci che cercavano di spiegare questo suo successo.
Alcuni semplicemente dicevano ' E' un genio!' .
Altri basavano le loro teorie sulla genesi del personaggio ' E' figlio di un giudice della Corte Costituzionale. A casa sua si parla solo di diritto. Come a casa mia si parla solo di calcio a tavola. E' normale che sappia tutto.'
Altri ancora erano assuefatti da un mix letale di stima ed invidia e dicevano ' Pensate che lui non studia neanche! Cioè non è che non lo faccia proprio ma pochissimo: una o due ore al giorno. Il resto del tempo è tutta play station. Il giorno prima dell'esame non ripassa nemmeno. Vorrebbe anche uscire ma non trova nessuno per farlo perchè tutti stiamo studiando e si incazza! ''

Eravamo pentoloni fumanti di commenti stizziti sulla sua persona, ribollivamo acidi.
''Insomma caro Ferro, tutti quei trenta te li possiamo pure perdonare ma se li ottieni anche senza studiare, beh inizi a starci veramente sulle palle!''
Una voce dall'alto avrebbe dovuto ammonirci tutti sul significato dello studio, dell'apprendimento, dell'istruzione ma a noi poco sarebbe importato.
Volevamo uscire dal nostro esamificio con un prodotto privo di difetti e dal design accattivante: e un trenta lo era.
Con la lode poi era tutta un'altra storia.

Un giorno di luglio, un paio d'anni dopo la nascita della leggenda, anni nei quali Ferro aveva imparato a gestire la sua dote e le voci che generava, riconoscendo chi lo odiava, chi lo ammirava e chi voleva soltanto servirsene, successe un episodio particolare.
Eravamo tutti in attesa del nostro turno per sostenere l'esame di diritto penale e si venne a sapere che l'assistente magra con i capelli lunghi, ricci e neri era la sorella di Ferro.
Ad alcuni, tra cui me, questo non fece né caldo né freddo. Sua sorella non lo avrebbe interrogato e Ferro avrebbe preso l'ennesimo trenta, quindi non vi sarebbero state novità. Altri gridarono allo scandalo ma credo solo per ammazzare il tempo nella tensione preesame. Altri ancora, tra cui la mia amica Emme, volevano trarre vantaggio dalla situazione.
La mia amica aveva studiato ma aveva paura di sbagliare, un po' come tutti quelli che vanno preparati ad un esame.
Era luglio.
Era l'ultimo esame prima delle vacanze.
Era stanca.
Io non avevo ben capito come mai fremesse tanto, come mai in lei c'era l'ansia frettolosa di chi sa che ha pochi minuti per cogliere un'occasione.
Si alza, mi lascia a guardarla con un'aria perplessa, e si avvicina a Ferro.
Iniziano a parlare e il colloquio, a tratti divertito, non fu breve.
Io tornai con la testa tra le pagine del libro con l'ansia che cresceva assieme alla sensazione di non ricordare nemmeno più il mio nome.
Rialzai la testa e non c'erano più. Mi girai ma erano spariti.
Tornarono in classe 45 minuti dopo, giusto in tempo per sentire il professore che annunciava la pausa pranzo.

La guardai con aria interrogativa e lei mi disse ' Ho chiesto se mi faceva interrogare da sua sorella, gli ho spiegato che se non passo l'esame perdo la borsa di studio. A lui non gli costa nulla, a me è costato caro!'
Ed io 'cioè?'
'Mi ha chiesto un pompino in cambio e io glielo ho fatto'
Avrei voluto scoppiare in una risata disgustata lunga un'ora.
Quella faccia di merda di Ferro che elemosinava pompini in cambio di favori e quella disperata di Emme che acconsentiva.
Sgranai gli occhi e riuscii a trattenere la voglia di schiaffeggiarla davanti a tutti.
Mi disse 'Dimmi qualcosa'.
'Puzzi' dissi io.
E lei, aumentando la mia nausea, chiese ' Di cosa?'
'Di sudore' risposi.
'E' luglio. Farli a luglio ti fa sudare'.

Si rilassò, la sorella la interrogò e prese 23.

giovedì 12 maggio 2011

Più bianchi in soli sette giorni


Questa notte ti ho sognato.
Mi tenevi abbracciata da dietro, stretta stretta.
Mi davi baci piccoli, numerosi ed umidi sul collo e sulle spalle.

Io ero rigida.
Era come se stringessi tra le tue braccia una sagoma in legno.
Uno di quegli 'omini morti' dove si poggiano le camicie che possono essere rimesse una seconda volta.
Non è che non mi accorgessi dei tuoi baci o non li gradissi,
li avevo semplicemente messi in secondo piano.

Ciò di cui mi importava veramente era il dentifricio.
Sì!
Non facevo altro che pensare che il tubetto del dentrificio in bagno era vuoto.
Tutto premuto e accartocciato per ricavarne anche l'ultima goccia pastosa.

Oh, come avresti fatto senza?!

Tu mi baciavi il collo e io pensavo che era persino di una sottomarca:
lo avevo pagato solo 80 centesimi.

Sarei stata felice di accogliere i tuoi baci se nel bagno avessi avuto un tubetto colmo e gonfio di un dentrificio da 2 euro e 90?

E' l'interrogativo che da questa mattina mi tormenta.
Sono quelle domande a cui solo i migliori sanno dare una risposta.

Ero fredda, scostante, distratta da futilità.
Ero il contrario del calore e dell'accoglienza che ci si aspetta da me,
anche solo guardandomi.

Ero il contrario di quello che sono.
Io ti avrei baciato a mia volta e avrei sentito sulle tue labbra l'odore di fumo.
Mescolato ad un lieve sapore di xilitolo.
E' di questo che credo sappiano i tuoi baci.

 


on air: Jimmy McGriff- Cotten Boy Blues e un sorriso compiaciuto.





 


 

martedì 10 maggio 2011

più difficile che respirare.


I problemi me li creo io?

Cresciuta nel covo delle nevrosi e delle paranoie:
prendi 3 paghi 2 più una fobia in omaggio!

Gli altri servono a smezzare il nostro malessere:
''io non ce la faccio a tenermelo tutto per me, che te ne prendi un po' ? ''

Cos'è?
Sono la stanchezza o la solitudine che mi fanno provare quello che sento in questo momento?

Chi mi risponde?

Nessuno, sono sola.

Non sto per esplodere, quello lo faccio a cicli.
Sto per implodere.
Mi crollano le impalcature portanti.
Ho voglia di vomitare e respirare.

Mi brucia la gola. Mi brucia il petto.Mi tremano le mani e le braccia.
Mi sto ingoiando la lingua.

Immagino una bacinella celeste e rotonda colma di cubetti di ghiaccio squadrati.
Io ci infilo la testa per raffreddare i problemi.