martedì 31 maggio 2011

Minzione liberatoria

E' un momento preciso, se tu sei distratto è lui che ti bussa alle spalle.
E' come durante una tempesta. Non è finita, ma è il momento in cui ti accorgi che sta per placarsi.
E' il momento in cui capisci che ti puoi sedere al fresco e goderti una pausa nelle 10 ore di fatica.
Cinque minuti di ristoro mentre guardi il mare calmo.

L'imprrevisto però è dietro l'angolo.
Arriva lei, Na-dia, che io chiamo Dia-na perché invertire mi viene facile.
E che ho spesso chiamato Stefa-nia, senza motivo apparente.
Una collega che non è che mi sia proprio entrata nel cuore o nel cervello.

Non mi dispiacerebbe se si sedesse accanto a me in silenzio per riposare.
Mi piace dividere i silenzi stanchi con gli altri.
I silenzi imbarazzanti sono quelli stancanti.
Quelli stanchi, invece, ti avvicinano all'altro.

Ma lei non è del mio stesso avviso.
Lei viene per sfogarsi, per essere capita.
Inizia a parlare delle mance, dei turni, a lamentarsi del suo ragazzo a me totalmente sconosciuto.
Convivono da anni ma lui non la vuole sposare.
Così accumula rabbia che dispensa in giro.
Inizia a scendere nei dettagli della sua relazione.

Continua voracemente, mentre io scuoto la testa annuendo, solo per dimostrarle di essere viva.
Ho il vuoto negli occhi mentre fingo interesse.
Il vuoto si amplifica appena inizia ad estendere l'intero discorso alla condizione femminile e ai soprusi che queste subiscono.
''L'uomo è stronzo. L'uomo non ammette di aver sbagliato. L'uomo non cambierà mai eppure tu ci provi, ti ci dedichi. Tu invece per lui cambi, t'adatti.''
E io, in silenzio, continuo a dire di sì con il capo. Pare sia il movimento giusto per la cervicale.

Decide di darmi il colpo di grazia.
Inizia a parlare della povertà, della sua condizione di povertà.
Inizia a dirmi cose che non vorrei sapere.
Lei conosce la povertà della carenza. Delle privazioni.
Non quella nascosta dietro gli acquisti.
Non quella spendacciona della mancata accettazione.
Sto per svenire sotto il peso dei suoi argomenti, sbrodolati fuori con un tono querulo che non mi aiuta.

Mi alzo in piedi, un guizzo di vitalità. Sono i talloni a chiedermelo.
Mi giro a destra verso di lei che alza la testa verso di me, con una frase ancora a metà tra le fauci.
Ho interrotto il suo monologo.
E' il momento di una mia battuta.
''Vado a fare pipì'' dico.
E mi allontano camminando velocemente.

In mente ho solo questo: '' mavaffanculonadia!''

lunedì 30 maggio 2011

Per la prova ti do 30 euro o 35 se ti comporti bene.

Hai sempre avuto rispetto per il lavoro di tutti.
Non hai mai creduto si dovessero differenziare le persone in base al lavoro che fanno.

Ad ognuno la sua strada, a te la tua.
Università prestigiosa, o almeno così dicono, risultati positivi. Un futuro che cresceva sotto una buona stella.
Sei ad un passo dalla laurea specialistica, la triennale è già tutta tua.
Con fatica, anche quella tutta tua.
Stage in un grande studio penale.
Ma inizi a stare sempre peggio.
Male ci stavi già da tempo, già da tempo il gioco non valeva più la candela ma andavi avanti comunque.
Finisci in ospedale, finisci a guardare i libri senza leggerli, a sfogliarli nervosamente, a contare le pagine che ti separano dalla fine.
Finisci che stai sempre peggio.
Perdi tutto.

Non hai un soldo, la tua famiglia arranca, tu annaspi.
Crolla tutto e non c'è rete che tenga.

Torni a casa tua per riposare e ricominciare.
Finisci invece a desiderare di non esistere per non pensare a cosa hai sprecato.
Cercare un lavoro è la cosa più difficile da fare per una che per ora sa solo studiare.
Per una che ha sempre fatto la figlia, che non è mai stata autonoma, che ' doveva solo studiare perchè al resto ci pensa papà'.
Finisci a capire che non sai crescere. O che non vuoi che è anche peggio.

Ti servono i soldi, i lavoretti saltuari sembrano un miraggio.
Ne trovi uno da cameriera per l'estate.
Sei felice anche se ti spaccherai la schiena.
Sei felice perchè servirà a versare la caparra per un appartamento che prenderai in affitto lontano da qui.
Per ricominciare. Per riprovarci almeno.

Eppure piangi come una disperata. Piangi da strozzarti con le lacrime. Perchè non è il futuro che volevi. Nemmeno per tre mesi. Piangi perchè tu i cessi del pub non li vuoi pulire. Perchè se ci pensi vomiti già.

Piangi perchè forse ti sei inutilmente sempre sentita la regina-di-sto-cazzo.
Come scettro un taccuino, un vassoio come scudo.

Fingerai che l'amaro in bocca di stasera sia dovuto solo ad una birra troppo forte.
A fingere, in fondo, sei brava.

giovedì 26 maggio 2011

Alpenliebe

-Buongiorno.
-Buongiorno.
-Iniziamo parlando dell'elaborazione del lutto.
-Sì, ehm.. sì ecco... elaborazione del lutto ha detto?
-Certo!
-Sì...eh... ehm...il lutto è ...ehm...
-Non mi vorrà dire che non l'ha fatto!
-Sì! No... ecco è...è che... che non sapevo me lo avrebbe chiesto!
-Cosa? Ma che assurdità è mai questa!? E' un elemento fondamentale! Mi dispiace ma senza non possiamo andare avanti!
-No, ma io lo so che è importantissimo è che... è che io... io ci provo ma non ci riesco! Potrebbe, per favore, chiedermi un'altra cosa? La prego!
-No.. no mi dispiace ma se non sa rispondere non possiamo andare avanti. Senza basi proprio non si può proseguire. Allora, cosa vuole fare, mi risponde o no?
-Ma io vorrei, mi creda! Sono anni che ci provo eppure non riesco.
-Anni?
-Sì, anni.
-Si arrenda!
-No, la prego. Mi faccia un'altra domanda!
-No, senza questo il resto è tutto inutile. Si alzi e torni quando lo avrà elaborato.
-Arrivederci.
-Arrivederci.

martedì 24 maggio 2011

Ci penso io papà!



Questo treatrino Pisapia, Moratti, Red Ronnie finirà tra qualche giorno.
Per ora però è divertente vedere una figlia che spende parole, a caso, per un padre.
Difendere un padre è una cosa bella, è una manifestazione di amore e rispetto verso di lui.
Però Red Ronnie non è stato accusato di stupro di una cameriera di un hotel né tantomeno ha dimenticato, uccidendola, tua sorella in macchina per 6 ore quindi, tutto sommato, questa difesa poteva essere evitata.
Se la poteva cavare benissimo da solo.
Certo è che cavalcare l'onda della notorietà-da-web è una forte tentazione a cui in pochi sanno resistere così Luna ha perso un'occcasione per eclissarsi.
Un italiano improvvisato [''essendo che'' ; ''volevo dirti che complimenti''; '' a quelli che insulteranno che sicuramente ce ne sono'' ]
Un appassionante excursus storico-politico [dare del fascista è un reato federale, comunismo come utopico movimento sostenuto dagli elfi della terra di mezzo]
Valori ben saldi [essere troia non è un insulto è una filosofia di vita ormai]
Tono saccente [ 4:21 minuti di video]
Minacce [Al massimo ti faccio un altro video]

Mi sorge un interrogativo: Hai veramente aiutato il papà a riconquistarsi la simpatia del pubblico?

Pare che molti delitti si compiano spinti dalle migliori intenzioni.

sabato 21 maggio 2011

I Segreti di Qui

Cercare di spiegare a terzi qual è il posto da cui vieni e le sue intime caratteristiche è impresa ardua.
Per giunta totalmente innecessaria.
E proprio per questo ancor più indispensabile.
Se sei fortunato nasci in una grande città e questo ti toglie circa il 70% del lavoro da fare.
Dovrai al massimo annuire sorridente alle descrizioni che gli altri faranno, oppure smantellare le certezze di chi pretende di conoscere un luogo dopo averci passato un weekend.
Ma se nasci in un paesino la faccenda si complica.
Se nasci nel mio paesino, invece, sei spacciato.
E questo è anche un vantaggio a volte: hai un alibi preconfezionato da sfoggiare in ogni occasione.

Persino gli autoctoni parlano male di altri autoctoni dicendo ' Eh, non ti dimenticare che quello è di ...'.
Con tono di rassegnazione ma anche con un distacco tale che non ti farebbe mai immaginare che anche lui ' è di...'.
Questa cosa mi ha sempre affascinato.
In fondo nascere in un luogo è una caratteristica che non puoi eliminare, potrai far finta che non sia così partendo e non tornando più, ma i documenti parleranno sempre per te.
A meno che tu non voglia entrare in un programma di protezione e ottenere una nuova identità e non sarebbe nemmeno una cattiva idea in alcuni casi.
Quando sei grasso puoi dimagrire, quando sei biondo ti puoi tingere, quando hai poco seno puoi andare dal chirurgo, quando sei basso metti i tacchi come Berlusconi, ma quando nasci qui, nasci qui.

Nascere a ''Qui'' [ nome fittizio per i meno scaltri ] ti fa essere disilluso a 3 anni.
Hai l'amaro in bocca a 8 anni e ti lamenti del governo locale a 11.
Sai che tutto è inutile, tutto è irrisolvibile e tutto è impossibile Qui.
I più temerari, perchè alcuni ne esistono, magari quelli che hanno un genitore non di Qui e quindi un patrimonio genetico parzialmente diverso dalla maggioranza, decidono di andare via da Qui e cercare fortuna altrove.
Che genere di fortuna?
La fortuna di vivere. Ebbasta.
Altri nemmeno se lo pongono il problema di andar via da Qui, forse perchè credono che non si vendano biglietti per fuggire via da Qui.

Quello che invece sicuramente a Qui si vende è la droga, tanta.
E io sono molto contenta di questo.
Non perchè sia una drogata ma perchè mi piace vedere l'effetto che la droga fa sugli abitanti di Qui.

Un tempo la droga era simbolo di trasgressione, un ponte per la casa del diavolo e rendeva persino fighi quelli che la prendevano.
A Qui no.
I drogati di Qui, ossia tutti i giovani dai 2 ai 57 anni, perchè a Qui è più o meno a quell'età che finisce l'adolescenza, sono noiosi, monotoni e ridicoli persino da drogati, figuratevi senza quelle sostanze.
Infatti io prego spesso le mafie e le camorre locali di non smettere mai con la loro attività, perchè quei rari momenti di veglia del popolo giovanile di Qui li dobbiamo solo a loro.

Spostando lo sguardo alla popolazione adulta, ossia dai 58 ai 94 anni perchè quelli di Qui sono generalmente longevi, si ha davanti tutt'altro scenario.
Si apre un mondo fantastico popolato da nani, schizofrenici, barboni, politici grassi, vigili urbani che salvano all'interno di grotte le mogli da draghi spaventosi.
Se mi metto di buzzo buono mi convinco di vivere a Twin Peaks e alcune volte vengo anche accontentata. Come quando sono al supermercato e mi accorgo che la commessa che sistema gli scaffali si chiama ''Palmer'' proprio come la Laura di Lynch (è il suo vero nome ed è originaria di Qui da generazioni) .
Sono momenti di gloria sgomenta.
Ma anche di lucidità improvvisa, la sensazione che tutti i pezzi del puzzle vadano al loro posto.
Sento che dietro tutto questo c'è una ragione anche se io non la conosco, non la capisco.

Come non capisco perchè da madre napoletana e padre romano sono finita a nascere a Qui.
O perchè dopo quasi 5 anni di vita fuori, sono tornata a Qui.

Più di tutto però non capisco cosa aspetto per andarmene di nuovo via da Qui.



I Segreti di Qui

mercoledì 18 maggio 2011

Girls

Avere a che fare con una bimba di 8 anni tutti i giorni  è tremendamente formativo.
Viene da me per i compiti tutti i pomeriggi e sono io che imparo:



1. Non dico più parolacce né impreco. Al massimo mi scappa un ''che caaa...'' che diventa ''che caaa....spita'' sul finire.

2. Sono sicura di emanare un buon odore. Non sempre lo stesso però. A volte so ' di profumo rosa' a volte di 'montagne libere'. Fragranze di cui ignoravo l'esistenza ma sono sicura avranno un enorme successo sul mercato.

3. Sono la migliore maestrina del mondo.

4. Sono una stella del cielo o del cinema ed è infatti per questo che faccio il doposcuola.

5. So che mi vuole bene.

6. So finalmente come conquistare l'uomo della mia vita.
Mi avvicino a lui con un grande sorriso e dico: '  Sei carino, sei vivace, sei il ragazzo che mi piace''
Posso già considerarmi accasata.

7. Stare tante ore seduti non fa bene.
Arriva sempre il momento di SGRANCHIARE le gambe o di SGAMBERARLE.

8. So di essere invecchiata. Non mi lascia speranze.
Guarda le mie foto, scattate un anno e mezzo o due anni fa, e dice 'oh come eri bella da piccola!'.

9. Raggiungere un certo livello di intimità con un bambino di 8 anni può essere deleterio per il tuo olfatto.
Si lascerà andare così tanto da riuscire a condividere con te le sue più profonde flatulenze.
E ti costringerà a inventare la 'puzzetta-premio' : tra una materia e l'altra spettacolo pirotecnico sul balcone.
A munizioni terminate si rientra.


To be continued...

lunedì 16 maggio 2011

Il pezzo di carta. Il pezzo di ferro.

Le classi della mia università sono composte da 100 o 120 studenti.
Non è un numero numeroso.
Però non è nemmeno un numero di quelli adatti a dire ' Ci conosciamo tutti' né tantomeno la cazzata ' Siamo una grande famiglia'.
E' un numero però che permette comunque di emergere.
Di riconoscere il più bravo, il più secchione, il più intelligente, il più simpatico.
E' un numero da più.
I medi e 'i meno' vanno a confluire tutti in un unico insieme simbolico chiamato ' gli altri' o anche ' la classe'.
Nel gruppo dei 'più' emergeva Ferro, perchè era uno da tutti 30 e lode.

I primi giorni di lezione del mio primo settembre all'università, questa sua dote era in via di sviluppo e risultava soltanto quello che aveva la mano perennemente alzata per rispondere alle domande del professore.
Aveva così iniziato a catturare le antipatie di quelli che volevano la scena tutta per loro.
Ma ciò nonostante non era  un solitario.
Anzi, era uno a cui piaceva chiacchierare e lo si vedeva spesso nei gruppetti da 7 o 8 persone che si formavano prima , dopo o nelle pause delle lezioni.

Ad autunno arrivò il tempo dei parziali, degli esoneri o di qualsiasi altro nome venga dato a questi escamotages utili a dividivere in due il programma di un esame o per testare la preparazione iniziale degli studenti prima dell'appello vero e proprio.
Ferro in quell'occasione portò a casa tre trenta.
E lo stesso successe a gennaio.  Anche se credo che in quella sessione ottenne persino qualche lode.

La leggenda era ormai nata. Si era consolidata.
Iniziarono a circolare voci che cercavano di spiegare questo suo successo.
Alcuni semplicemente dicevano ' E' un genio!' .
Altri basavano le loro teorie sulla genesi del personaggio ' E' figlio di un giudice della Corte Costituzionale. A casa sua si parla solo di diritto. Come a casa mia si parla solo di calcio a tavola. E' normale che sappia tutto.'
Altri ancora erano assuefatti da un mix letale di stima ed invidia e dicevano ' Pensate che lui non studia neanche! Cioè non è che non lo faccia proprio ma pochissimo: una o due ore al giorno. Il resto del tempo è tutta play station. Il giorno prima dell'esame non ripassa nemmeno. Vorrebbe anche uscire ma non trova nessuno per farlo perchè tutti stiamo studiando e si incazza! ''

Eravamo pentoloni fumanti di commenti stizziti sulla sua persona, ribollivamo acidi.
''Insomma caro Ferro, tutti quei trenta te li possiamo pure perdonare ma se li ottieni anche senza studiare, beh inizi a starci veramente sulle palle!''
Una voce dall'alto avrebbe dovuto ammonirci tutti sul significato dello studio, dell'apprendimento, dell'istruzione ma a noi poco sarebbe importato.
Volevamo uscire dal nostro esamificio con un prodotto privo di difetti e dal design accattivante: e un trenta lo era.
Con la lode poi era tutta un'altra storia.

Un giorno di luglio, un paio d'anni dopo la nascita della leggenda, anni nei quali Ferro aveva imparato a gestire la sua dote e le voci che generava, riconoscendo chi lo odiava, chi lo ammirava e chi voleva soltanto servirsene, successe un episodio particolare.
Eravamo tutti in attesa del nostro turno per sostenere l'esame di diritto penale e si venne a sapere che l'assistente magra con i capelli lunghi, ricci e neri era la sorella di Ferro.
Ad alcuni, tra cui me, questo non fece né caldo né freddo. Sua sorella non lo avrebbe interrogato e Ferro avrebbe preso l'ennesimo trenta, quindi non vi sarebbero state novità. Altri gridarono allo scandalo ma credo solo per ammazzare il tempo nella tensione preesame. Altri ancora, tra cui la mia amica Emme, volevano trarre vantaggio dalla situazione.
La mia amica aveva studiato ma aveva paura di sbagliare, un po' come tutti quelli che vanno preparati ad un esame.
Era luglio.
Era l'ultimo esame prima delle vacanze.
Era stanca.
Io non avevo ben capito come mai fremesse tanto, come mai in lei c'era l'ansia frettolosa di chi sa che ha pochi minuti per cogliere un'occasione.
Si alza, mi lascia a guardarla con un'aria perplessa, e si avvicina a Ferro.
Iniziano a parlare e il colloquio, a tratti divertito, non fu breve.
Io tornai con la testa tra le pagine del libro con l'ansia che cresceva assieme alla sensazione di non ricordare nemmeno più il mio nome.
Rialzai la testa e non c'erano più. Mi girai ma erano spariti.
Tornarono in classe 45 minuti dopo, giusto in tempo per sentire il professore che annunciava la pausa pranzo.

La guardai con aria interrogativa e lei mi disse ' Ho chiesto se mi faceva interrogare da sua sorella, gli ho spiegato che se non passo l'esame perdo la borsa di studio. A lui non gli costa nulla, a me è costato caro!'
Ed io 'cioè?'
'Mi ha chiesto un pompino in cambio e io glielo ho fatto'
Avrei voluto scoppiare in una risata disgustata lunga un'ora.
Quella faccia di merda di Ferro che elemosinava pompini in cambio di favori e quella disperata di Emme che acconsentiva.
Sgranai gli occhi e riuscii a trattenere la voglia di schiaffeggiarla davanti a tutti.
Mi disse 'Dimmi qualcosa'.
'Puzzi' dissi io.
E lei, aumentando la mia nausea, chiese ' Di cosa?'
'Di sudore' risposi.
'E' luglio. Farli a luglio ti fa sudare'.

Si rilassò, la sorella la interrogò e prese 23.

giovedì 12 maggio 2011

Più bianchi in soli sette giorni


Questa notte ti ho sognato.
Mi tenevi abbracciata da dietro, stretta stretta.
Mi davi baci piccoli, numerosi ed umidi sul collo e sulle spalle.

Io ero rigida.
Era come se stringessi tra le tue braccia una sagoma in legno.
Uno di quegli 'omini morti' dove si poggiano le camicie che possono essere rimesse una seconda volta.
Non è che non mi accorgessi dei tuoi baci o non li gradissi,
li avevo semplicemente messi in secondo piano.

Ciò di cui mi importava veramente era il dentifricio.
Sì!
Non facevo altro che pensare che il tubetto del dentrificio in bagno era vuoto.
Tutto premuto e accartocciato per ricavarne anche l'ultima goccia pastosa.

Oh, come avresti fatto senza?!

Tu mi baciavi il collo e io pensavo che era persino di una sottomarca:
lo avevo pagato solo 80 centesimi.

Sarei stata felice di accogliere i tuoi baci se nel bagno avessi avuto un tubetto colmo e gonfio di un dentrificio da 2 euro e 90?

E' l'interrogativo che da questa mattina mi tormenta.
Sono quelle domande a cui solo i migliori sanno dare una risposta.

Ero fredda, scostante, distratta da futilità.
Ero il contrario del calore e dell'accoglienza che ci si aspetta da me,
anche solo guardandomi.

Ero il contrario di quello che sono.
Io ti avrei baciato a mia volta e avrei sentito sulle tue labbra l'odore di fumo.
Mescolato ad un lieve sapore di xilitolo.
E' di questo che credo sappiano i tuoi baci.

 


on air: Jimmy McGriff- Cotten Boy Blues e un sorriso compiaciuto.





 


 

martedì 10 maggio 2011

più difficile che respirare.


I problemi me li creo io?

Cresciuta nel covo delle nevrosi e delle paranoie:
prendi 3 paghi 2 più una fobia in omaggio!

Gli altri servono a smezzare il nostro malessere:
''io non ce la faccio a tenermelo tutto per me, che te ne prendi un po' ? ''

Cos'è?
Sono la stanchezza o la solitudine che mi fanno provare quello che sento in questo momento?

Chi mi risponde?

Nessuno, sono sola.

Non sto per esplodere, quello lo faccio a cicli.
Sto per implodere.
Mi crollano le impalcature portanti.
Ho voglia di vomitare e respirare.

Mi brucia la gola. Mi brucia il petto.Mi tremano le mani e le braccia.
Mi sto ingoiando la lingua.

Immagino una bacinella celeste e rotonda colma di cubetti di ghiaccio squadrati.
Io ci infilo la testa per raffreddare i problemi.